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                                 LA CHIESA E LA SUA STORIA

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Presentare la Basilica di San Paolo Maggiore qui, nel sito della Parrocchia, non è come parlarne in una conferenza sulla storia di Bologna: è qualcosa di più e di meno.

 

Di meno, perché non intendiamo rivolgerci a specialisti o anche solo a curiosi di cose d’arte e di architettura;  di più, perché pensiamo che, chi ci legge, sia prima di tutto un parrocchiano, di fatto o di elezione.

  


 

                             Veduta della chiesa di San Paolo in un'incisione di Pio Panfili (1781)
                                     
Veduta della chiesa di San Paolo in un'incisione di Pio Panfili (1781)

 


 

  

I  CENT’ANNI PRIMA

 

E allora cominciamo dicendo che la chiesa di San Paolo Maggiore non sarebbe mai sorta se non fosse nato e vissuto fra il 1502 e il 1539 un giovane di Cremona, prima medico e poi prete: Antonio Maria Zaccaria [1].

 

  Pala di Sant'Antonio Maria Zaccaria  
  Pala di Sant'Antonio Maria Zaccaria  

 

È un Santo in verità non molto conosciuto fuori dalla cerchia dei Chierici Regolari di San Paolo, detti Barnabiti, delle Suore Angeliche di San Paolo e dei Laici di San Paolo, di cui egli è il Fondatore, assieme ai confratelli Giacomo Antonio Morigia e Bartolomeo Ferrari.

 

Li potete vedere rappresentati tutti e tre riuniti in un dipinto recente, di valore devozionale più che artistico, collocato sulla parete di destra della prima cappella di destra.

Furono un terzetto formidabile, animato da uno zelo focoso per la riforma dei costumi religiosi e sociali, capaci di proporre ed attuare modelli di vita cristiana comunitaria troppo innovativi per quei tempi, anticipatori addirittura di tanti contenuti per i quali la Chiesa avrebbe dovuto attendere il Concilio Ecumenico Vaticano II, quando ancora, dopo la pubblicazione delle tesi di Lutero del 1517,  era di là da venire il concilio di Trento.

Per approfondire la conoscenza di questo nostro grande giovane santo, rimandiamo ai siti internet www.barnabiti.net , ricco di documentazione e di suggerimenti bibliografici e  https//barnabitiroma.it , dove trovi tutti gli scritti di Antonio Maria, pochissimi ma straordinari.

 

Ma qui non andiamo oltre, confidando di avere almeno incuriosito il lettore e limitandoci ad osservare quanto la nostra città di Bologna rappresenti da sempre per i Barnabiti, se pensiamo che, a nemmeno 100 anni dalla morte del Santo Fondatore, fin dal 1600 essi tennero nella nostra città la Parrocchia di San Michele Arcangelo, in via degli Agresti e, all’inizio del 1606, acquistarono il terreno su cui sarebbe sorta da lì a poco la grande chiesa, intitolata a quel San Paolo, cui si era ispirata specialmente la formazione  e la spiritualità del Fondatore.

 

Chiesa che, a quel tempo, non era certamente intitolabile ad Antonio Maria Zaccaria, il quale, per quanto venerato come santo fin da subito dopo la morte, fu canonizzato solamente nel 1897.

 

Si sottolineava più sopra  come Bologna sia da sempre nel cuore dei Barnabiti, anche perché  fu proprio nella nostra città che il 18 febbraio 1533 il Pontefice Clemente VII, provvidenzialmente a Bologna per incontrare l’Imperatore dell’Occidente Carlo V, approvò la Congregazione dei Chierici Regolari di San Paolo, cioè dei Barnabiti.

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IL TEMPO DELLA COSTRUZIONE

 

Veniamo all’anno 1606, quando per la progettazione e la realizzazione di una nuova chiesa da intitolare all’apostolo Paolo, si trova a Bologna Padre Giovanni Ambrogio Mazenta, nato a Milano nel 1565, Barnabita a 26 anni, già laureato in diritto a Pavia, specialmente versato nelle lettere e nelle scienza, studioso e conservatore fra le altre cose di numerosi manoscritti di Leonardo, direttore spirituale del nostro Guido Reni, diplomatico abile e sperimentato, ma particolarmente affascinato dall’ingegneria idraulica e dall’architettura.

 

  Pianta della basilica  
  Pianta della basilica  

 

A quei tempi molti fra i barnabiti erano…fatti così.

Come ingegnere idraulico lavorò al molo di Livorno, al canale Livorno-Pisa, a Ferrara, alla canalizzazione del Reno a Bologna .

Come architetto lavorò alla Piazza d’Armi di Livorno, a Roma per il Pantheon e per San Giovanni in Laterano, a Milano per la cupola del tempio di Sant’Alessandro, e poi ancora a Foligno, a Lodi e infine a Bologna dove progettò e realizzò la Metropolitana di San Pietro (1605), SS:Salvatore per i Canonici Lateranensi(1605-1623) e quindi San Paolo Maggiore (1606-1611).

Il Mazenta morirà a Roma a 70 anni, nel 1635 e dobbiamo notare che il suo nome si trova raramente nei documenti originali perché egli, da vero religioso qual era, desiderò sempre restare nascosto e quasi sconosciuto quale artista.

 

Tornando al 1606, diciamo che il luogo scelto da Padre Ambrogio per la costruzione del nuovo Tempio fu quello detto della croce dei santi, nel quartiere di Porta Procula, fra la chiesa trecentesca di San Clemente del Collegio di Spagna, la Chiesa quattrocentesca della Spirito Santo,, la Chiesa di San Martino e la Croce dei Santi, appunto, a quel tempo custodita in una cappelletta, all’incrocio delle vie Carbonesi, Barberia e Val d’Aposa, vicino a quel Palazzo Bevilacqua che era stato sede nel 1547 di due sessioni del Concilio di Trento.

Individuata l’area, intervenne il nobile Marcello Garzoni – lo sponsor, diremmo oggi – che acquistò il terreno per i Barnabiti e, venuto a mancare pochi anni dopo, si meritò la sepoltura  proprio sotto il pulpito, come ancor oggi si legge in una iscrizione lapidea.

 

Il 27 dicembre di quello stesso anno 1606 il Legato Pontificio Cardinale Benedetto Giustiniani, celebrata la Messa nella chiesa parrocchiale di San Michele dei Barnabiti, si recò in processione con i più illustri personaggi di Bologna sul luogo della erigenda nuova chiesa per compiere il rito solenne della posa e benedizione della prima pietra.

Nel frattempo infatti il Mazenta aveva preparato il progetto della chiesa e i lavori erano stati affidati ai Fratelli Albertazzi, capomastri bolognesi, i quali, sotto la direzione dello stesso Padre Ambrogio, condussero a termine l’opera in pochi anni.

Alle spese concorsero in parte alcune nobili famiglie che, come compenso, ebbero il diritto di Giuspatronato di una Cappella, ma ciò non ostante il Mazenta, nell’agosto del 1611,  dovette ricorrere ad un mutuo bancario, per mancanza di fondi.

Tuttavia, in soli 5 anni la costruzione era presso che terminata nelle sue linee generali e, pur mancando l’Abside e l’Altare come li vediamo oggi, il primo novembre 1611 il padre benedettino di San Procolo Protasio Stiatici poteva compiere la solenne benedizione della nuova chiesa.

La prima Messa fu celebrata il 4 novembre dal cardinale Legato Maffeo Barberini, futuro Papa Urbano VIII e dopo di lui, finalmente, poté celebrare anche Padre Mazenta.

Nel mese di febbraio del 1612 si celebrarono in San Paolo le prime solennissime Quarantore, come era nella tradizione dei Barnabiti, in quanto culto istituito e promosso  proprio dal loro fondatore, Antonio Maria Zaccaria.

 

La  chiesa, in quel 1612, era ancora priva della Cappella Maggiore e della Facciata e bisognerà aspettare l’intervento di un nuovo sponsor per la ripresa definitiva dei lavori, dovuta prima alla munificenza del Cardinale Legato Bernardino Spada che nel 1630 assicurava il proprio aiuto per l’Altare Maggiore e quindi del fratello Virgilio e dei successori che consentirono di completare l’opera, fino all’inaugurazione della facciata, realizzata su disegno di Ercole Fichi, il primo novembre del 1636 esattamente 25 anni dopo l’apertura al culto della chiesa.

Come corrispettivo del contributo versato, alla famiglia Spada veniva concesso il diritto di avere la sepoltura in San Paolo e di esporre gli stemmi gentilizi per tre generazioni, mentre anche ai visitatori di oggi la lapide marmorea posta al di sopra della porta principale ricorda le benemerenze di quella famiglia.

 

La Cappella Maggiore, detta poi Cappella Spada, veniva ultimata nel 1647, ma ufficialmente fu inaugurata nell’anno giubilare 1650.

 

Ciò che non vide mai la luce fu invece il campanile, anch’esso ideato dal Mazenta, che avrebbe dovuto svettare fino a 76 metri di altezza e di cui rimane solamente il progetto: furono le Monache Clarisse del vicino Monastero della Santa ad opporsi alla sua costruzione, temendo che dall’alto potesse essere infranta la loro clausura!

 

Quanto alla Sagrestia, fu dapprima usato il locale che oggi ne costituisce l’atrio, fino al 1719, anno in cui, su disegno di Paolo Francesco Saltéri,  furono eretti i grandiosi locali che oggi conosciamo.

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I PRIMI DUE SECOLI

 

Aperta solennemente al culto il primo novembre del 1611, la nuova chiesa fin dall’inizio vide promosso il culto divino con lo splendore della Liturgia e con la devozione all’Eucaristia attraverso la Comunione frequente e la celebrazione delle Quarantore, secondo la tradizione propria dei Barnabiti.

Intorno al 1630 la Comunità dei Barnabiti di San Paolo a Bologna contava 20 sacerdoti.

 

L’istituzione di uno Studio Generale di Filosofia e Teologia rivolto ai Chierici della congregazione comportò la necessità di ampliare gli spazi annessi alla chiesa e così nel 1654 veniva costruito il solenne ingresso del Collegio con ampio androne e scalone di accesso, a ridosso della facciata a destra.

 

Nel 1664 si poteva inaugurare lo Studentato San Paolo il quale, ai primo del ‘700, fu accresciuto di ulteriori locali, il Cenacolo e la Libreria, col che San Paolo si confermò ulteriormente quale centro di alta spiritualità e cultura per tutta la città, potendo ospitare negli anni nomi prestigiosi di Lettori, cioè di maestri provenienti da ogni parte d’Italia e non solo e da questa scuola uscirono numerose generazioni di Barnabiti che fecero onore alla Congregazione stessa e alla Chiesa tutta, molti dei quali possiamo ritrovare nella storia della filosofia, della teologia, della missionari età cattolica.

 

Proviamo ad immaginare come le conclusioni dei lavori degli Studenti Barnabiti, tesi filosofiche o teologiche, fossero normalmente discusse pubblicamente in chiesa, con grande solennità e concorso di spettatori, magari in concomitanza con le più solenni Accademie, ricche di sceltissimi e frequentatissimi programmi musicali.

 

Fra i Padri del Collegio San Paolo numerosissimi ebbero cattedre di insegnamento all’Università e basti sottolineare che il Senato Accademico dal 1747 aveva concesso in perpetuo che fossero due Barnabiti a tenere rispettivamente la cattedra di filosofia e di teologia scolastica.

 

Fu poi Benedetto XIV, il Cardinale Prospero Lambertini, che, avendo affidato ai Barnabiti le Scuole del Seminario Diocesano, ne indirizzò per così dire la vocazione verso l’insegnamento ai giovani.

 

Veniamo così a grandi passi fino all’11 marzo 1797: il Governo Repubblicano che, a seguito dell’occupazione francese,  regge la città di Bologna,  obbliga i Barnabiti a lasciare il Collegio e la Chiesa di San Paolo mentre già nel giugno del 1796 si erano dovuti consegnare tutti gli oggetti preziosi e i calici d’oro e d’argento perché venissero fusi, insieme a quelli confiscati in tutte le altre chiese, per la contribuzione in contanti stipulata con i Francesi.

 

Bisognerà aspettare il 1814 quando Papa Pio VII autorizzò il ripristino di tutti gli Ordini religiosi, precedentemente soppressi nel 1810, e quindi il primo novembre 1816 per assistere alla ricostituzione delle Comunità dei Barnabiti di Bologna, ma …non per la Comunità di San Paolo che dovrà attendere il 17 ottobre del 1959 per rientrare nuovamente in possesso della Chiesa e della Parrocchia.

 

Questa parte della storia di San Paolo Maggiore, tanto interessante quanto complessa, non può qui essere convenientemente sintetizzata, ma la troviamo tutta quanta riccamente descritta e documentata nella guida curata dai Padri Cesare Riva, il primo parroco barnabita del nuovo secolo e da Padre Franco Ghilardotti che gli succedette, pubblicata nel 1979.

 

Qui conviene ricordare gli interventi di restauro del 1819 per mano specialmente dell’architetto Angelo Venturoli; il rifacimento nel 1829 della gradinata d’ingresso in pietra arenaria macigno; la realizzazione nel 1889 della Cappella di Nostra Signora di Lourdes, dove collocare la statua proveniente da Parigi, dono del Conte Giovanni Acquaderni, fondatore della Azione Cattolica italiana; il rivestimento in marmo delle paraste del coro, del presbiterio e del transetto, nonché il rivestimento in scagliola delle pareti laterali dell’Altare Maggiore e il rifacimento della pavimentazione del coro, in occasione della Decennale eucaristica del 1909, anno in cui la Chiesa era dichiarata Monumento Nazionale.

Quindi, essendo Parroco Monsignor Anselmo Schiassi, l’ultimo sacerdote diocesano prima del ritorno dei Barnabiti,  ricordiamo la realizzazione del Battistero (1919), la nuova pavimentazione della chiesa e la cella campanaria con le quattro campane fuse dalla Ditta Brighenti (1929), il restauro della facciata, riportando in luce le superfici in muratura laterizia sagramata (1939).

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LA VISITA OGGI

 

- L’ESTERNO

 

La Chiesa si affaccia proprio dove un tempo era collocata la Croce dei Santi - una delle quattro che alla fine del IV secolo furono poste da Sant’Ambrogio e da San Petronio ai quattro angoli delle mura, a protezione della città, oggi custodite nella Basilica di San Petronio – all’incrocio di cinque strade: via Tagliapietre, via Carbonesi, via Val d’Aposa, via Barberia e via Collegio di Spagna.

 

La facciata, inaugurata il primo novembre 1636, 25 anni dopo l’apertura al culto della chiesa, realizzata su disegno di Ercole Fichi per la munificenza della famiglia Spada, si presenta in muratura di mattoni laterizi a faccia vista, con elementi in pietra arenaria a formare basamenti, capitelli, timpani e fregi decorativi.

 

Sulla facciata, animata da lesene e semicolonne, spicca l’imponente trabeazione - decorata con i simboli della famiglia Spada che ritroveremo un po’ ovunque all’interno -  la quale sottolinea e divide la parte inferiore del prospetto, larga quanto tutta la navata e le cappelle e riferibile all’ordine dorico, da quella superiore, larga quanto la sola volta e riferibile all’ordine corinzio, parti tra loro raccordate dalle elegantissime orecchie, anch’esse impreziosite dalla pietra serena.

Il fregio orizzontale continua poi lungo tutta via Tagliapietre, qui a formare il vero e proprio cornicione di copertura della fiancata sinistra, anch’essa intervallata da lesene che assecondano la partizione delle cappelle interne.

 

Sul fronte, lesene e semicolonne ordinano ed inquadrano il maestoso portale,  il finestrone centrale, le quattro nicchie adorne di statue: in alto a sinistra San Filippo Neri e a destra San Carlo Borromeo, protettori dei Barnabiti, realizzate in cotto dallo stesso Ercole Fichi, seguace del Mazenta e progettista della facciata; nelle nicchie in basso le statue in marmo di San Pietro a sinistra  e di San Paolo a destra, eseguite contestualmente alla facciata da Domenico Mirandola e da Giulio Cesare Conventi.

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- L’INTERNO

 

Ma dobbiamo entrare e, se siamo in una giornata di sole o anche se l’illuminazione artificiale è tutta accesa, allora è impossibile non essere suggestionati, forse commossi dall’atmosfera soffusa colorata leggera quasi astratta che ci avvolge, ma che ci conduce tuttavia senza indugio verso il trionfo affatto concreto e possente dell’altare maggiore.

 

È troppo bella la descrizione sintetica dell’interno della chiesa che troviamo nella guida del 1979 dei Padri Riva e Ghilardotti, per non riportarla integralmente:

“l’ultima sublime espressione architettonica del Mazenta contiene nobilmente l’invasione del barocco, ma non riesce a sottrarsi alla seduzione del suo attraente fasto”

 

Proprio così: un insperato difficile equilibrio fra linee e proporzioni classiche e decorazione, a tratti decorativismo barocco.

 

La chiesa è ad una sola navata con transetto a croce latina e coro dietro all’altare maggiore, con alta copertura a botte che sopra il coro forma un ampio catino e, al centro del transetto, una grande cupola illuminata da quattro finestre e da un lanternino in sommità.

Ai lati della navata tre cappelle per parte e due nei bracci del transetto.

 

Visiteremo San Paolo Maggiore nella maniera classica, percorrendola passo passo in senso antiorario e  volgendo lo sguardo anche all’alto, senza tuttavia dimenticare che ci troviamo immersi in una vera e propria scuola di Catechismo al tempo della controriforma, dove si illustrano i misteri della fede, la vita del Salvatore, i Santi protettori e specialmente San Paolo che qui è il titolare.

 

  La volta centrale della basilica  
  La volta centrale della basilica  

 

Ma, prima di iniziare il nostro cammino lungo la navata, volgiamoci indietro, verso la controfacciata, per ammirare due tele collocate ai lati della porta: a sinistra la Resurrezione di Lazzaro, di Annibale Castelli (Bologna, 1570 circa - 1620 circa) e a destra La crocifissione di Sant’Andrea di Pietro Facini (Bologna, 1562 – 1602), allievo dei Carracci e che del Castelli fu maestro.

 

Al ciclo degli affreschi torneremo più avanti: qui notiamo come un recentissimo intervento di pulitura di parte della controfacciata, come pure ulteriori piccoli saggi condotti in altri punti della chiesa, abbiano rivelato un colore originale di fondo dell’intera basilica molto più chiaro, luminoso, direi fantasioso di quello piuttosto scuro, cupo, un po’ monotono dovuto ad interventi di cosiddetto restauro, piuttosto di modifica, risalenti al XIX secolo, quando nella prima metà furono anche rifatti tutti gli altari e le ancone delle cappelle laterali e del transetto, ad opera del maestro scagliolista bolognese Luigi Fiorentini (1778 – 1834). su disegno dell’architetto Angelo Venturoli (Medicina, 1749 – Bologna, 1821).

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- - LA CAPPELLETTA ECUMENICA

 

È il più recente fra gli interventi che hanno interessato la chiesa il quale, nel 1995 ha dato nuova vita ad un piccolo locale privo di destinazione liturgica, da tempo utilizzato come deposito.

È il segno della Chiesa indivisa,  qui rappresentata dal grande polittico in stile bizantino-slavo opera dell’iconografo Fabio Nones (Sover di Trento, 1961): insieme agli Apostoli Pietro e Paolo, fondamento della Chiesa, vegliano sulla evangelizzazione dell’Europa i Santi Benedetto, Cirillo e Metodio e con loro i Santi della Chiesa Indivisa e quelli dell’Ecumenismo moderno, con la Vergine Provida Mater Unitatis, Gesù Bambino e gli angeli Michele e Gabriele.

 

  Icona ecumenica  
  Icona ecumenica  

 

È qui sepolto Padre Gregorio Agostino Schouvaloff (1804-1859), Barnabita di San Pietroburgo, che nel 1957 istituì a Parigi l’Associazione di Preghiere per L’Unità della Chiesa, provenendo lui stesso dalla Chiesa ortodossa russa, come si può leggere nella interessantissima autobiografia La mia conversione la mia vocazione, Grafiche dehoniane, 2004.

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- - LA CAPPELLA DEL CROCIFISSO, Patronato della Famiglia Rizzardi

 

È la prima di destra, dominata dal grande Crocifisso in terracotta policroma, opera dello scultore bolognese, nato a Borgo Panigale, Giovanni Tedeschi, detto il Tedeschino (1595 – 1645), presente anche sulla facciata della chiesa del Santissimo Salvatore – opera come sappiamo progettata dallo stesso Padre Mazenta di San Paolo Maggiore - con le statue degli evangelisti San Giovanni e San Luca.

La colorazione del crocifisso è attribuita a Francesco Albani (Bologna, 1578 – Bologna, 1660), uno dei maggiori pittori barocchi di scuola emiliana.

 

  Il Crocifisso di terracotta  
  Il Crocifisso di terracotta  

 

I quadri laterali, ancora nel tema della Passione di Nostro Signore, sono opera di Giovanni Andrea Donducci, detto il Mastelletta (Bologna, 1575 – Bologna, 1655) anch’egli appartenente alla scuola barocca bolognese e formato all’accademia dei Carracci e rappresentano L’agonia di Gesù nel Getsemani e La salita al Calvario.

 

Sulla volta, entro una cornice esagonale Gli angeli adoranti la Croce, entro cornici ottagonali La flagellazione e La coronazione di spine, sono opere di Francesco Carboni (Bologna, 1584 – Bologna, 1635), allievo e genero di Alessandro Tiarini e seguace di Guido Reni.

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- - LA CAPPELLA DEL PARADISO, Patronato della Famiglia Belvisi, quindi eredi Guidi

 

È la seconda di destra, dominata da un celebre e insieme misterioso dipinto di Ludovico Carracci (Bologna, 1555 – Bologna, 1619) intitolato Concezione immacolata della Vergine nel cielo, da sempre ri-conosciuto come Il Paradiso, poiché l’invisibile e quindi non rappresentabile mistero lascia qui il posto ad un vero e proprio tripudio festoso fra Profeti ed Angeli che danzano, suonano e senz’altro anche cantano.

 

  Il Paradiso  
  Il Paradiso  

 

Le opere per così dire a corredo sono di Giambattista Bertusio (Bologna, 1577 – Bologna, 1644), allievo di Calvaert e dei Carracci, e rappresentano La nascita di Maria Santissima e La presentazione della Vergine al Tempio, ai lati, mentre l’affresco della volta raffigura Maria Santissima incoronata dall’eterno Padre e dal Figlio.

 

Gli angeli ai lati sono affreschi di epoca più tarda, opera del  pittore e scenografo neoclassico Pietro Fancelli (Bologna, 1764 – Pesaro, 1850).

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- - LA CAPPELLA DELLA NATIVITA’, Patronato della Famiglia Arrigoni

 

È la terza di destra, con al centro la pala con La presentazione di Gesù bambino al Tempio, opera di Aurelio Lomio, detto il Pisano (Pisa, 1556 – Pisa1624) pittore tardo rinascimentale e barocco, fratello di Orazio Gentileschi, che troviamo a Roma, Pisa, Lucca, Genova, Pergola, La Spezia, Viterbo, Firenze, ma qui a Bologna presente unicamente in San Paolo Maggiore con questa tela grandiosa.

 

  Presentazione di Gesù Bambino al tempio  
  Presentazione di Gesù Bambino
al tempio
 

  

Ma la meraviglia di questa cappella offre ancora due capolavori assoluti, entrambi di Giacomo Cavedoni (Sassuolo, 1577 – Bologna, 1660), allievo di Annibale Carracci, principale aiuto di Ludovico dopo la partenza per Roma di Annibale, infine caposindaco – direttore diremmo oggi -  dell’Accademia degli incamminati, la famosa scuola dei Carracci,  dopo la morte di Ludovico.

 

Le opere sono, a sinistra L’adorazione dei pastori e, a destra, L’adorazione dei magi: siamo tra gli anni 1612 e 1614 e ammirandole si comprende  come, specialmente nella prima Giacomo, da poco ritornato da Roma, dove si è recato come aiuto di Guido Reni, sia rimasto impressionato dall’opera del Caravaggio, e come di lì a due anni, per la seconda tela, non sia stato vano il soggiorno a Venezia dove ha potuto approfondire la conoscenza delle opere di Paolo Veronese e di Tiziano.

 

  L'adorazione dei pastori   L'adorazione dei Magi  
  L'adorazione dei pastori   L'adorazione dei Magi  

                          
                                                                   

 Sulla volta ancora Giacomo Cavedoni ci ha lasciato La circoncisione di Gesù, La fuga in Egitto, Gesù fra i dottori nel tempio, opere tutte eseguite sotto la direzione dello stesso Guido Reni.

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- - LE CAPPELLE DEL TRANSETTO

 

Qui le Ancone neoclassiche risalgono al 1819 e sono dovute al disegno di Antonio Serra (Bologna, 1783 – 1847), architetto e professore presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna e all’esecuzione dello scagliolista Agostino Canturio (Mendrisio, 1790 – Bologna, 1855) attivo specialmente nel cimitero della Certosa.

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- - CAPPELLA DEL SUFFRAGIO, Patronato della Compagnia del riscatto

 

È la cappella del transetto di destra, dominata dalla grande pala che rappresenta Le anime del Purgatorio, o meglio la liberazione delle anime del Purgatorio dall’Eterno Padre e dal Figlio, per intercessione della Vergine e di San Gregorio Magno, quest’ultimo ispirato dallo Spirito Santo che, in forma di colomba, pare sussurrargli all’orecchio la preghiera più efficace.

 

  Le anime del Purgatorio  
  Le anime del Purgatorio  

 

Siamo di fronte ad un’opera davvero importante di Gianfrancesco Barbieri, più noto come Il Guercino (Cento, 1591 – Bologna, 1666), qui esposta solennemente il 4 novembre 1647 e pagata 300 ducati d’oro, valore attuale del solo metallo di circa 60.000 euro.

 

Ai lati dell’altare, in alto, sono collocati due quadri che fanno parte di uno stesso ciclo raffigurante le quattro Paternità, il cui autore è Giuseppe Maria Crespi detto Lo Spagnolo (Bologna, 1665 – Bologna, 1747): qui abbiamo Dio che crea Adamo, la paternità creatrice, e Cristo che risorge da morte, la paternità redentrice.

 

  Paternità naturale   Paternità legale  
  Paternità naturale   Paternità legale  
         
  Paternità creatrice   Paternità redentrice  
  Paternità creatrice   Paternità redentrice  

 

Gli altri due soggetti sono proprio di fronte, nel transetto di sinistra.

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- - CAPPELLA DEI SANTI BARNABITI, Patronato dei Barnabiti, ex Patronato delle Famiglie Fioravanti e Gessi

 

È la cappella del transetto di sinistra dove i Padri, fin dal 1741, avevano collocato sull’altare una grande opera di Donato Creti (Cremona, 1671 - Bologna,1749), pittore tra i massimi del Settecento europeo, raffigurante Sant’Alessandro Sauli, vescovo e primo Barnabita ad essere beatificato appunto nel 1741da Benedetto XIV e infine canonizzato nel 1904 da Pio X.

 

  Sant'Alessandro Sauli  
  Sant'Alessandro Sauli  

  

Quest’opera, oggi esposta nell’Antisagrestia, fu rimossa e sostituita nel 1830 con una tela di Orazio Sammachini (Bologna, 1532 – Bologna, 1577), notevole pittore manierista del tardo Rinascimento, opera proveniente dalla soppressa chiesa di San Martino in via Val d’Aposa e raffigurante San Martino e San Petronio che pregano il Salvatore con la Vergine e San Giovanni Battista: soggetti più facili ed accessibili per i fedeli di quanto non fosse un Santo Barnabita, adesso che i Barnabiti non erano più in San Paolo Maggiore.

 

Ma, tornati i Barnabiti, anche questa tela fu rimossa e quindi esposta nel salone accanto alla Sagrestia quando, nel 1972 fu collocato il quadro che oggi vediamo, opera del Barnabita Federico Bertini, che finalmente raffigura il Fondatore Sant’Antonio Maria Zaccaria nell’atto di istituire le Quarantore con i confratelli Barnabiti, le Suore Angeliche, i Laici di San Paolo.

 

  Pala di Sant'Antonio Maria Zaccaria  
  Pala di Sant'Antonio Maria Zaccaria  

  

Ai lati dell’altare ecco gli altri due quadri dello Spagnolo, a completare il ciclo della Paternità, con San Gioacchino e Sant’Anna, la paternità naturale e San Giuseppe e il fanciullo Gesù,la paternità legale.

 

Sono poi notevolissimi, nei due bracci del transetto, l’organo seicentesco, di sinistra, opera dell’organaro  bolognese Ottavio Negrelli posto e quello di destra, anch’esso originariamente del Negrelli, sostituito nel 1833 con un nuovo strumento di Alessio Veratti.

 

Dobbiamo ancora ammirare, al di sopra delle Cantorie che fronteggiano gli organi, i grandi affreschi prospettici di Angelo Michele Colonna (Rovenna, Como, 1604 – Bologna, 1687), allievo e collaboratore del Dentone, Girolamo Curti, caposcuola dei quadraturisti bolognesi.

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- - IL PRESBITERIO

 

Il Presbiterio, detto anche Cappella Spada, è delimitato verso la navata da una balaustra marmorea, risalente al 1650, con un cancello in ferro battuto ricco di ornati di ottone, con fregi di foglie di acanto e al centro lo stemma dei Barnabiti.

 

  Il presbiterio  
  Il presbiterio  

  

L’altare maggiore, soprelevato di 5 gradini rispetto al piano del presbiterio, si integra con la grandiosa tribuna marmorea a base semicircolare, che gli fa da sfondo e da cornice e che fu completata nel 1647, ben prima della realizzazione e collocazione dell’altare stesso.

 

  La tribuna  
  La tribuna marmorea  

 

La Tribuna, un vero e proprio arco trionfale, realizzata in marmi rossi e gialli di Verona, con stupende colonne scanalate e rudentate, cioè con le scanalature riempite nel terzo inferiore, con elegantissimi capitelli corinzi – ionici quelli delle colonne dell’emiciclo - porta incisa la firma dell’architetto romano Domenico Facchetti, ma il suo disegno è attribuito ad Alessandro Algardi (Bologna, 1598 – Roma,1654), massimo scultore, a quel tempo e – se pure fosse legittimo stilare graduatorie- secondo solamente all’immenso Gian Lorenzo Bernini, suo contemporaneo.

 

In San Paolo Maggiore l’arte dell’Algardi poté ulteriormente esprimersi al massimo livello, ancora grazie alla munificenza della Famiglia Spada, che gli commissionò il Gruppo del Martirio di San Paolo, in marmo bianco di Carrara, scolpito a Roma e ultimato già nel 1643, quindi imbarcato sul Tevere per essere trasportato via mare, circumnavigando la penisola, fino a Venezia da dove sarebbe stato trasportato a Bologna attraverso la rete dei canali navigabili.

La nave fu però intercettata e razziata in Adriatico dai pirati i quali, per la restituzione delle statue, chiesero ed ottennero un ingente riscatto, pagato il quale – i documenti non ci dicono a chi vada il merito – se pure con ritardo, il Gruppo poté essere collocato entro la sua Tribuna.

 

  Il martirio di San Paolo  
  Il martirio di San Paolo  

  

Ancora dell’Algardi possiamo ammirare il bassorilievo del Palliotto in bronzo dorato avente ancora per soggetto La decapitazione di San Paolo, posto alla base dell’altare, a chiudere la finestrella dell’arca in cui fin dal 1658 sono conservati i resti di Santa Leonzia, martire del quinto secolo, prelevati dalle Catacombe romane di Santa Agnese e qui portati dal cardinale Bernardino Spada.

Infine, sempre dello stesso autore, il grande Crocifisso in avorio sopra il Tabernacolo con i simboli degli Evangelisti nei quattro bracci della croce – ma quello che vedi oggi è solamente una copia in legno commissionata ad uno scultore altoatesino a seguito del trafugamento dell’originale, poi ritrovato e restituito – e la Porticina del Ciborio in bronzo dorato, con il bassorilievo del Cristo risorto.

 

  Il crocifisso in Avorio di Algardi   La porticina del Ciborio  
  Il Crocifisso di Algardi   La porticina del Ciborio  

  

Per completare il tutto bisognava dunque che fosse collocata, davanti a siffatta Tribuna, la mensa dell’Altare e per ciò fu incaricato Francesco Borromini (Bissone, 1599 – Roma, 1667) il quale ne fornì il disegno ma, non potendone egli seguire direttamente la realizzazione, vediamo che il pur pregevole risultato del lavoro finito, si discosta un poco dal progetto originario che ne risulta semplificato.

 

Maggiormente fedele al progetto di Francesco Borromini fu il bolognese Ludovico Franzia che, su commissione del Cardinale Virgilio Spada, realizzò il Tabernacolo, che si sviluppa in forma di interno di un Tempio a tre navate visto in prospettiva centrale, un vero e proprio trompe l’oeil tridimensionale, quasi un opera orafa realizzata con pietre preziosissime, la cui composizione del colonnato è riferibile ad esempi architettonici quali le Gallerie di Palazzo Capo di Ferro a Napoli, di Palazzo Spada e di Palazzo Pamphili a Roma.

 

  Tabernacolo  
  Tabernacolo  

  

Ai lati dell’altare sono collocate due importantissime tele del senese Niccolò Tornioli (Siena, 1598 – Roma, 1651) che troviamo a Bologna sempre grazie alla munificenza del Cardinale Virgilio Spada: Caino che uccide Abele, immagine del Sacrificio di Cristo, giusto e innocente  e La lotta dell’Angelo con Giacobbe, figura della Passione di Cristo e della sua gloriosa Ascensione al Cielo. dopo la Risurrezione.

 

Possiamo anche ammirare, una dopo l’altra, poste giro giro lungo le pareti del Tempio, le 12 Croci collocate in occasione della solenne Consacrazione del 21 ottobre 1742, realizzate in calcedonio e diaspri di Sicilia, con agate preziose, montate su bronzo dorato.

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- - IL CORO

 

I 28 stalli in legno di noce, oltre allo stallo centrale, furono condotti a termine nel 1632 dal faber lignarius Giacomo De Bonifaciis che già dal 1623 si era proposto per il lavoro.

Oltre ai 28 stalli superiori, costituiti da sedili e postergali di disegno semplice, inframezzati da colonnine, teste d’angelo e un bel fregio superiore, si contano 24 sedili retraibili inferiori.

Lo stallo centrale e le due porte laterali sono sormontate da fregi con lo stemma dei Barnabiti.

 

Al di sopra degli stalli, fra pregevoli ornati in stucco e cornici dorate, troviamo sette tele che raccontano episodi salienti della vita di San Paolo.

 

La Conversione di Saulo, di Pier Francesco Cittadini, detto Franceschino Milanese (Milano, 1616 – Bologna, 1681) pittore fra i più presenti a Bologna per numero di opere.

 

I Santi Paolo e Barnaba in Antiochia, opera di Vincenzo Spisani, lo Spisanello (Orta San Giulio, 1595 – Bologna, 1662), allievo di Denis Calvaert, presente in Lombardia oltre che a Ferrara, Imola, Modena.

 

Il naufragio presso Malta, dipinto da Pier Francesco Ferranti (Bologna, ca.1600 – Bologna, dopo 1653) le cui opere principali troviamo a Piacenza.

 

San Paolo in estasi, di Carlo Garbieri ( Bologna, 1600 – Bologna, 1649) figlio del più famoso Lorenzo.

 

San Paolo si libera dell’aspide, ancora dello Spisanello.

 

San Paolo davanti a Cesare, opera di Giovan Battista Bolognini senior (Bologna, 1612 – Bologna, 1688), allievo di Guido reni e prolifico incisore.

 

Cristo appare all’Apostolo incatenato in prigionia, di Luigi Pellegrini Scaramuccia, (Perugia, 1616 – Milano, 1680), allievo di Guido Reni, presente anche a Roma e Milano, biografo e storico del suo tempo, oltre che pittore.

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- - LA CAPPELLA DI SAN CARLO BORROMEO, Patronato della famiglia Giustiniani

 

Risalendo la Chiesa, dopo la Cappella dei Santi barnabiti nel Transetto di sinistra, incontriamo nel nostro giro le Cappelle cosiddette minori e la prima, sarebbe il settimo altare da quando siamo entrati, risale al 1611, costruita ed ornata con propria spesa dal Cardinal Legato Benedetto Giustiniani, lo stesso della posa della prima pietra, e fu la prima ad essere dedicata al Santo Arcivescovo di Milano, dopo la sua canonizzazione appena avvenuta nel 1610, grande estimatore e protettore dei Barnabiti.

 

Sull’altare un’opera di Lorenzo Garbieri (Bologna, 1588 – Bologna, 1654) raffigura San Carlo che porta la Croce, per impetrare la cessazione della peste, mentre ai lati, dello stesso autore, San Carlo che amministra i Sacramenti ai religiosi colpiti dalla peste, a sinistra e, a destra, San Carlo consegna ai Barnabiti le Costituzioni, approvate da Gregorio XIII nel 1579.

 

  San Carlo che porta la croce  
  San Carlo che porta la croce  

  

  San Carlo che amministra i sacramenti   San Carlo consegna ai Barnabiti le Costituzioni  
  San Carlo che amministra i sacramenti   San Carlo consegna ai Barnabiti
le Costituzioni
 

  

Sono dovuti a Lorenzo Garbieri anche le opere a fresco che adornano la volta: Il Cardinale Carlo Borromeo salva un fanciullo che sta per affogare; Il Cardinale Carlo Borromeo richiama alla vita un morto e, al centro, La Gloria di San Carlo.

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- - IL PULPITO

 

Opera in marmi finissimi, realizzata a Firenze nel1726 su disegno del Padre Francesco Barelli, per oltre un secolo l’unico pulpito in marmo in tutta Bologna.

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- - CAPPELLA DELLA BEATA VERGINE MARIA DI  LOURDES, Patronato della Famiglia Bevilacqua Ariosti

 

La Cappella in origine era dedicata a San Gerolamo e la pala centrale, ora collocata nelle adiacenze della Sagrestia, raffigura La Comunione di San Gerolamo ed è opera di Lucio Massari (Bologna, 1569 – Bologna, 1633), allievo di Annibale quindi collaboratore di Ludovico Carracci, presente anche a Roma e a Firenze.

 

Del Massari sono rimaste le due tele laterali: Il Beato Corradino Ariosti in estasi dinanzi a Cristo e Il beato Corradino che distribuisce elemosine, nonché, ai lati della volta, San Gerolamo penitente e San Gerolamo in abiti cardinalizi e, al centro, L’anima di San Gerolamo nella gloria Eterna.

 

  San Gerolamo  
  San Gerolamo  

                                                                         

Dal 1879 questa Cappella è divenuta il centro cittadino della devozione alla Madonna di Lourdes, quando vi fu collocata la statua proveniente da Parigi, dono di Giovanni Acquaderni, quindi fu completamente trasformata nel 1889 con la costruzione della Grotta, il rivestimento marmoreo del pavimento e delle pareti, la costruzione del nuovo Altare, con l’altorilievo in bronzo raffigurante L’annunciazione di Maria, opera del 1880 di Giovanni Duprè (Siena, 1817, Firenze, 1882).

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- - CAPPELLA DI SAN GIOVANNI BATTISTA, Patronato della Famiglia Frabetti, poi degli eredi Padri Barnabiti

 

Troviamo qui ancora opere di Giacomo Cavedoni (Sassuolo, 1577 – Bologna, 1660), sull’altare Il Battesimo di Gesù; da un lato La nascita di San Giovanni e dall’altro La salma di San Giovanni decapitato portato al Sepolcro.

 

  Battesimo di Gesù  
  Battesimo di Gesù  

  

Nella volta, tutte opere di un allievo di Ludovico Carracci, sono rappresentate La predicazione del Battista giovinetto, La decollazione di San Giovanni, La glorificazione del Santo.

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- - GLI AFFRESCHI

 

È ora il momento di alzare gli occhi verso il cielo della Basilica, per incontrare gli affreschi che letteralmente ricoprono tutte  le volte, la cupola e il lunettone della controfacciata.

 

  La volta centrale  
  La volta centrale  

  

Essendo ritornati, alla fine del nostro giro, verso l’ingresso, possiamo ammirare la straordinaria scenografia soprastante il portone, un esuberante complesso decorativo realizzato a due mani da Antonio Rolli (Bologna, 1643 – Bologna, 1695) e Paolo Antonio Guidi (Bologna, 1675 – Bologna, 1704): ai due lati del finestrone centinato, arricchito da mensole e festoni, aggetta una balaustra ricurva dalla quale si affacciano personaggi in diverse attitudini, tutti vestiti con abiti variopinti, alcuni con strumenti scientifici e, sotto la finestra, su uno scalino, siede un giovane che tiene un cane al guinzaglio.

Difficile spiegare la pittura e l’atmosfera del Barocco in modo più esplicito!

 

Purtroppo è da notare con tristezza come Antonio Rolli, al lavoro proprio sul lunettone, perse la vita cadendo dall’impalcatura di servizio, lasciando così al suo allievo Antonio Guidi il compito di portare a compimento l’opera, sulla base dei disegni preparatori già ultimati.

 

L’immenso dipinto che copre per intero la volta della navata centrale è dovuto ai fratelli Rolli, Antonio di cui già si è detto, che curò specialmente l’impostazione architettonica, la composizione architettonica e lì ornamentazione, e Giuseppe Maria (Bologna, 1645 – Bologna, 1727), a cui si devono le figure.

 

Abbiamo su ogni lato tre grandi finestre con centina ricurva, affiancate da figure e decorate, nell’unghia soprastante, da putti che reggono vasi di fiori, alternati a grandi conchiglie con festoni di frutta.

Fra una finestra e l’altra si ergono prospettive di alti loggiati, retti da colonne lisce con capitelli compositi, poggianti su forti basamenti.

Dalle balconate si affacciano figure con vesti policrome, in pose diverse, con libri e strumenti scientifici.

Sopra le finestre, protesi verso la volta, sono dipinte coppie di figure monocrome:due angeli nelle finestre al centro, due telamoni in quelle laterali.

Ai quattro estremi dell’impianto sono dipinte figure simboliche in monocromia.

 

Questo poderoso sistema prospettico-decortativo che troviamo sui fianchi serve ad inquadrare e ad ordinare la ricca pittura della volta vera e propria, articolata in tre Storie della vita San Paolo, inserite in un decoro monocromo giallo, con cartelle di raccordo, festoni floreali, frutti e figure.

 

Nel tondo verso l’ingresso si vede San Paolo in compagnia di San Barnaba che si rifiuta di essere creduto Dio mentre in quello verso la cupola troviamo San Paolo che risuscita  il giovanetto Eutico. Entrambi gli episodi sono raccontati negli Atti degli Apostoli (Atti, XX, 9-11 e Atti XIV, 8-14).

 

  Tondo del Palliotto  
  Tondo del Palliotto  

 

Nella grandiosa composizione al centro della volta San Paolo all’areopago di Atene (Atti XVII, 19-34) appaiono in alto su nubi la Fede, la Speranza, la Carità; un raggio di luce scende sul Santo in veste verde e manto rosso che addita il Cielo; a destra una figura indica la scritta ignoto/deo; ai piedi del Santo numerose figure – gli ateniesi – in vesti colorate, con libri aperti e chiusi; rovine classiche in primo piano.

 

Gli affreschi delle volte minori del transetto e del catino del coro sono opera in collaborazione di Giuseppe Antonio Caccioli (Bologna, 1672 – Bologna, 1740) e di Pietro Francesco Farina (notizie 1700 – 1721).

 

Nel catino del coro una scena grandiosa illustra La conversione di Saulo sulla via di Damasco, riferibile al 1719: in primo piano Saulo caduto a terra con il braccio sinistro proteso in alto e dietro di lui il cavallo impennato; ai lati uomini armati atterrati assieme alle cavalcature si riparano; nel fondo si intravede Damasco mentre in alto, entro un alone di luce, appare il Cristo redentore.

 

Nella volta sopra il presbiterio vediamo Il battesimo di Saulo: all’interno di un tempio con colonnato circolare Saulo è inginocchiato a sinistra con le mani al petto e il capo chinato a ricevere l’acqua lustrale da Anania, in piedi a destra;  ai piedi di Anania un giovane inginocchiato, diremmo oggi un ministrante o chierichetto; nel fondo una donna con bambino, armati, altre figure.

 

Nella volta del transetto di destra troviamo San Paolo che a Efeso dà alle fiamme i libri di magia: il Santo, alla destra, è chino su un’ara su cui sono posati libri e rotoli; a terra altri libri e al centro un fuoco con libri che bruciano; a sinistra due figure maschili ed una femminile con bambino, allegorica, che indica la scena.

 

Infine nella volta del transetto di sinistra abbiamo San Paolo nella gloria delle catene di Cristo: alla destra un interno di carcere dove siede il Santo in catene sotto una finestra a sbarre, con un libro aperto; a sinistra appare Cristo in gloria di angeli, su nubi, entro un alone di luce, lo scettro nella mano destra appoggiata sul globo, la sinistra alzata.

 

I lunettoni dei transetti sono affrescati da questi stessi pittori: nel transetto destro appaiono un vecchio e una figura femminile; in quello sinistro troviamo due donne. Tutte le figure sono in monocromo grigio, sedute su mensole aggettanti, entro una grande prospettiva illusionistica.

 

Anche gli affreschi della cupola sono opera del Caccioli e del Farina che vi dipinsero nel 1716 La Gloria di San Paolo.

La composizione si sviluppa in più ordini concentrici di figure su nubi: San Paolo che sale al Cielo è visibile nel primo ordine fra angeli, angeli musicanti e cherubini; più in alto, nel secondo ordine, è raffigurata la Santa Trinità mentre, sparsi dappertutto, troviamo fiori, drappi, angioletti in pose diverse, fino al giro finale di angioletti attorno alla lanterna.

 

Notevolissimi i quattro pennecchi che raccordano i bracci del transetto con la cupola, nei quali sono simboleggiate le quattro parti del mondo allora conosciute, ad esprimere l’universalità dell’apostolato di Paolo Apostolo dottore delle genti e predicatore delle verità in tutto il mondo, come si legge alla base dei pennacchi stessi.

L’anno di realizzazione è il 1717 e qui, assieme a Giuseppe Antonio Caccioli che dipinse le figure, operò Giovanni Antonio Raimondi che eseguì gli stucchi.

 

 L’Europa, e con essa la religione cattolica, è simboleggiata da una figura allegorica femminile assisa su nubi, con la corona in capo, con drappo di ermellino, la mano sinistra alzata a reggere uno scettro, il braccio destro che abbraccia un modellino dei San Pietro in Montorio di Roma. L’animale rappresentato è il cavallo.

 

L’Asia e l’oriente in generale e quindi anche la religione ebraica  sono simboleggiati da una figura femminile assisa su nubi, con in capo un turbante piumato, con un angioletto in volo che versa incenso, con la raffigurazione del copricapo sacerdotale a mezzaluna e delle tavole mosaiche. L’animale rappresentato è il dromedario.

 

L’allegoria dell’America è ancora una figura femminile su nubi, con copricapo piumato, un arco formato da due corna di bufalo, il volto rivolto verso la croce che un angioletto le porge. L’animale che appare è un rettile.

 

L’Africa infine è una donna nera, anch’essa assisa su nubi,  con turbante bianco piumato, che stringe con entrambe le mani un fascio di spighe. L’animale che appare è il leone.

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- - IL BATTISTERO

 

Anche questo locale, come la Cappella Ecumenica che gli sta di fronte, prima adibito a deposito, è stato trasformato in Battistero nel 1919, con la vasca in marmo bianco e le decorazioni delle pareti e della volta opera di Bruno Cocchi, completate nel 1994 da Giuliano Armaroli.

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- - LA SAGRESTIA  

 

L’accesso alla Sagrestia vera e propria avviene attraverso un piccolo locale di forma quadrata, nel quale si apre l’ingresso laterale della Basilica su via Tagliapietre, seguito da un’aula rettangolare dovuta al Padre Ambrogio Mazenta, quindi coeva con la costruzione della chiesa del 1611.

 

L’aula ampia e solenne fu realizzata nel 1719 su progetto dell’Architetto Paolo Francesco Saltèri e fu affrescata da Giuseppe Antonio Caccioli nel 1721, con il ciclo della Vita di San Giuseppe, sulle pareti, e la Gloria di San Giuseppe, sulla volta.

 

Gli Armadi e l’Altare con la Custodia delle Reliquie, tutti in noce, sono opera di Domenico De Franceschi (notizie 1729 – 1727)

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BIBLIOGRAFIA

 

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Guido Zucchini, La cappella Rizzardi nella chiesa di S. Paolo di Bologna, in: "Strenna storica bolognese", 1956, pp. 157-161

 

Padre Cesare Riva, La Basilica di San Paolo Maggiore, Bologna, La grafica emiliana, 1961

 

Cesare Gnudi, L’ideale Classico del ‘600 in Italia, Bologna, Edizioni Alfa, 1962

 

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Luigi Bortolotti, Bologna dentro le mura. Nella storia e nell'arte, Bologna, La grafica emiliana, 1977, pp. 246, 248-250 (ill.)

 

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Marcello Fini, Bologna sacra. Tutte le chiese in due millenni di storia, Bologna, Pendragon, 2007, pp. 177-178

 

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PER COMINCIARE A CONOSCERE SANT'ANTONIO MARIA ZACCARIA

 

Antonio Maria Zaccaria, Interroga il cuore, pensieri di Antonio Maria Zaccaria, Àncora, 2001

 

Antonio Gentili, Mauro Regazzoni, La spiritualità della Riforma Cattolica, Grafiche Dehoniane, 1993

 

Antonio Gentili, Giovanni Scalese, Prontuario per lo spirito, insegnamenti ascetico-mistici di Sant’Antonio Maria Zaccaria, Àncora, 1994

 

Marco Vannini, Con le mani e con i piedi, Mondadori, 2000

 

Andrea Erba, Antonio Gentili, Il riformatore, Sant’Antonio Maria Zaccaria, Àncora, 2001

 

Angelo Montonati, Fuoco nella città, Sant’Antonio Maria Zacaria (1502-1539), Edizioni San Paolo, 2002

 

Franco Ghilardotti, Antonio Maria Zaccaria, 1502-1539, Una meteora del cinquecento sulla scia di Paolo Apostolo, Grafiche Dehoniane, 2002

 

Marcello Stanzione, 365 giorni con Sant’Antonio Maria Zaccaria, Edizioni Segno, 2012

 

Antonio Gentili, I Barnabiti, Edizioni Padri Barnabiti, 2012

 

I Sermoni di Sant’Antonio Maria Zaccaria in https://laicidisanpaolo.com/i-sermoni/

 

Le lettere di Sant’Antonio Maria Zaccaria in https://laicidisanpaolo.com/i-sermoni/lettere/
 

Potete anche scaricare una presentazione in Power Point con tutte le immagini iconografiche di Sant'Antonio Maria Zaccaria, raccolte dal barnabita Luigi Rusnati, cliccando qui

 

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